18.10.12

«Anginetti», ovvero «i taralli di Castellammare»



Come scrive Piero Serra nel suo contributo L'antica arte dei dolci a Napoli e in Campania (1983), «per tracciare una storia sia pure rapida dei dolci napoletani occorrerebbe risalire molto addietro nel tempo [...] fino a trovarci [...] nel Foro della Neapolis grecoromana».
Per risalire alle origini degli anginetti, tuttavia, ci accontenteremo di fare un salto nel Regno di angioina memoria.
Molto probabilmente, questi tarallini di pasta dolce ricoperti di glassa devono il loro nome tradizionale proprio ai re della dinastia Angiò, «importatori di artisti e nuove costumanze», che agli inizi del Trecento fecero di Napoli la capitale politica, economica e culturale del Regno di Sicilia. Tuttavia la sussistenza di molti parallelismi con alcuni termini della lingua napoletana dell'Ottocento suggerirebbe anche che il nome di questi biscotti potrebbe rimandare sia al sapore di anice che li caratterizzava anticamente, sia alla loro forma, che ricorda un po' quella di un uncino.
Ciò che rende fini e deliziosi questi tarallucci (così li chiamiamo noi napoletani) è il naspro, vale a dire la ghiaccia fondente bianca preparata a caldo nella quale, a fine cottura, vengono immersi e rigirati (in napoletano, annasprati) finché non risultino velatamente bianchi e lucidi.
A partire dal 1848 gli anginetti sono diventati il fiore all'occhiello della tradizione gastronomica di Castellammare di Stabia, una florida località in provincia di Napoli, dove ancora oggi questi tarallucci vengono cotti negli antichi forni a legna e venduti, in onore della loro "patria riconosciuta", con il nome di taralli di Castellammare!
Lo scrittore Erri De Luca li ricorda così nel suo romanzo Montedidio:

Aspettavamo babbo e quando usciva con la giacca buona e la camicia bianca abbottonata fino al collo e si era lavato e pettinato, eravamo la più bella famiglia della marina.
Passeggiavamo fino a Mergellina passando per Santa Lucia, mi comprava un tarallo di Castellammare. Mamma gli dava il braccio, io stavo dall’altra parte dentro la sua mano aperta. La gente si scansava per non disturbare la nostra formazione.


... io li ricordo come i biscotti della mia infanzia, quelli che, quando la domenica mattina andavo a passeggiare con mamma e papà al porto di Pozzuoli, trovavo sempre sulla bancarella di un simpatico vecchietto! Con amore mio padre me ne comprava un sacchetto... ma poi puntualmente mi rimproverava perché, invece di mangiarli interi, mi divertivo a staccare il naspro a pezzettini con le dita e mi sporcavo tutta!

Con questi biscotti tipici napoletani tanto cari alla mia memoria partecipo al contest del Molino Chiavazza




«ANGINETTI» (TARALLI DI CASTELLAMMARE)
(da Il grande libro della pasticceria napoletana, ed.1983; dosi per circa 30 biscotti)



per la pasta

Zucchero, 80g
Uova, 3
Zeste grattuggiata di un limone
 Alcool puro (io a 92°), 20g
Sale, un pizzico
Olio, una tazzina


per il naspro

Zucchero semolato, 220g
Acqua, 80g
Bicarbonato, una punta di cucchiaino



Preparare l'impasto degli anginetti: su una spianatoia disporre la farina a fontana e nel mezzo mettere lo zucchero, le uova e la zeste di limone grattugiata.
Impastare irrorando a mano a mano con l'alcool fino a ottenere una pasta piuttosto soda (nel caso l'impasto risultasse un po' umido, asciugarlo aggiungendo un po' di farina).
Ungere la spianatoia, stendere il panetto col mattarello e battere la pasta piegandola in due parti ogni volta che risulterà troppo sottile.



Continuare a lavorarla in questo modo per circa 20 minuti, avendo cura di ungere la spianatoia ogni tanto per non far attaccare la pasta. Ungere leggermente il panetto ottenuto e farlo riposare per mezz'ora.
Formare con l'impasto riposato tanti piccoli taralli, disporli su una teglia unta e cuocere in forno a calore moderato (170°C ca.).




Preparare il naspro: in una pentola cuocere lo zucchero, l'acqua e il bicarbonato, mescolando continuamente.
Il naspro sarà pronto quando la schiumetta che si sarà formata lascerà il posto a tante bolle e lo sciroppo al di sotto di esse risulterà leggermente dorato.

 





Annasprare gli anginetti: togliere dal fuoco il naspro e gettarvi dentro gli anginetti, mescolando in fretta per ricoprirli tutti di glassa prima che questa asciughi.



Trasferirli su un piatto da portata, farli raffreddare e servire... magari con un buon caffè alla napoletana! 



21 commenti:

  1. Son particolarissimi.. ma son sicura ottimi.. brava Raffy!!!! smackkk

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  2. è anche ora di merenda........non vale!!!!!!!!

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  3. Chi sa che buoni... con quella glassa! Brava..bacioni!

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  4. Raffyyyyyyyyyyy ho cercato la ricetta in ogni dove dei taralli di Castellammare, che non sapevo nemmeno si chiamassero anginetti. Quante giornate al mare passate e quante volte sentivo urlare "O tarall 'e Castellammar" :D Mi segno la ricetta che appena mia mamma è fuori dalla cucina la provo :D

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  5. questo contest è una bellissima occasione per raccogliere dolci di tradizione diversa, e cara Raffaella questi invitano davvero alla prova. La glassa sopra è una vera chicca come annasprare che mi sa tanto di antico e profuma di buono. in bocca al lupo! mony

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  6. Ciao Raffaella! Come stai? :)
    Sono carinissimi questi taralli! Ricordano delle ciambelline che si fanno anche dalle mie parti ma l'impasto è diverso!
    Ti auguro una buona serata cara! A presto!

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  7. Come mi piacciono queti taralli! Nonsono di origini campane, ma li ho mangiati spesso fin da piccola e sono una meraviglia! Ottima ricetta! E non sapevo ome i facesse il naspro, grazie!

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  8. ricetta meravigliosa... mi riporta indietro nel tempo
    grazie per questo regalo..^_^

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  9. Simpatica descrizione ed ottima ricetta, ma attenzione:
    gli anginetti non sono i taralli di castellammare.
    Sono simili, ma sono un'altra cosa.

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  10. Ho fatto questa ricetta ma non sono per nulla soddisfatto nei veri taralli di Castellammare non ci sono uova è c'è del lievito chimico . Sono venuti molto gommosi è privi di friabilita. La pasta sembra quella della pasta fresca

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